All’area metropolitana di Torino serve, soprattutto, una pianificazione condivisa, che superi gelosie e iniziative estemporanee. Parola di Elena Piastra, sindaca della città di Settimo Torinese, uno dei grandi centri della cintura torinese. La sua posizione, a pochi mesi dal voto che rinnoverà l’amministrazione del capoluogo e condizionerà anche il futuro di un territorio più vasto, è chiara: occorre lavorare insieme.
Partiamo dal ruolo della Città Metropolitana sull’area torinese. Sta funzionando?
No, per diverse ragioni, ma anche perché manca un piano regolatore che punti a diversificare i comuni per valorizzarli. Guardiamo la mappa del territorio: abbiamo un asse sud fortemente infrastrutturato, che è profondamente cambiato negli ultimi 15 anni, perchè in quelle aree sono state collocate funzioni volano importantissime. Attenzione, non è stato il frutto di una co-pianificazione strategica, ma di relazioni politiche. Oppure guardiamo il quadrante nord-est, il nostro, dove sorgerà un nuovo outlet, al confine tra Torino e Settimo, vicino a Auchan e Bricoman, creando un concentrato di centri commerciali. Il rischio è un territorio organizzato male che non risponde ai bisogni delle persone.
Quali possono essere le strategie per invertire questo processo?
Di strategia ce n’è una, cioè la pianificazione strategica. Una difficoltà enorme per la politica attuale che è sempre in ostaggio dell’immediatezza: deve dare risposte immediate a problemi che immediati non sono. La pianificazione ha bisogno di tempi lunghi e collaborazione. è controproducente affrontare un problema come singolo quando singolo non è. Lo strumento più efficace sarebbe un piano regolatore d’insieme che obblighi i sindaci dei diversi comuni a lavorare in linea.
Come si è tradotta questa mancanza a Settimo? Può farci un esempio?
La Metro 2, che rischia di essere una metropolitana per le Barbie. Il progetto attuale arriva in piazza Sofia e gira verso Rebaudengo-Fossata, lì fa una Y e passa sotto la Stura, manovra molto costosa. Poi, fa un’inversione verso San Mauro, che da sola vale 800 milioni: l’equivalente della tratta fino a quel punto. Il rischio è che Settimo non ne veda mai l’arrivo.
La revisione della legge urbanistica potrebbe servire?
Sì. Il Piemonte oggi si appoggia sulla legge regionale 56 del 2014. Ai tempi era all’avanguardia, ora deve essere aggiornata. In questo momento, anche se in modo molto timido, la Regione sta lavorando a una revisione della legge urbanistica. Un esempio positivo è la legge dell’Emilia Romagna, che ragiona sull’idea di perequazione. A livello nazionale, la proposta di legge Ferrazzi è un buon punto di partenza e comincia a dare risposte, perché è più focalizzata su rigenerazione e riuso dei territori. Anche l’esperienza di Milano è interessante perché tende alla semplificazione. Ed è tempo di semplificare, tanto più nella stagione post Covid in cui sarà cruciale eliminare gli scogli interni al sistema.
Parliamo dell’atteso Pnrr. In Piemonte, i comuni hanno avuto poco tempo per consegnare i progetti. Il risultato sono proposte che sembrano mancare di una visione d’insieme.
È così. Ci sono stati problemi di comunicazione e di metodo. Non ci è stato dato alcun criterio e questo ha generato valanghe di progetti settoriali. Era compito della Regione dare indirizzi strategici, mentre c’è stata una rinuncia a qualsiasi tipo di politica di progettazione.
Ma c’era davvero una possibilità di farsi ascoltare dal Governo?
Molte decisioni probabilmente erano già state prese. Pensiamo alle tempistiche: la scadenza ultima per consegnare i progetti era il 16 aprile, mentre il termine di presentazione del Piano nazionale all’Unione Europea è il 29 aprile. Ma si poteva interagire meglio con l’esecutivo.
Per un sindaco come si coniugano politica e amministrazione?
Le competenze amministrative sono fondamentali, ma non bastano. Serve una capacità di visione futura, e quella è propria della politica, soprattutto in questa fase di ripartenza dopo la pandemia. E poi serve la capacità di riconoscere e rispondere alle implicazioni tecniche dell’amministrazione di un territorio. Di recente abbiamo dovuto reagire con tempismo alla proposta di Google per la nascita, a Settimo, di un grande data center. Senza il buon lavoro dei nostri tecnici non ci saremmo riusciti.
La cultura è spesso considerata un elemento accessorio. Ma non a Settimo. Come mai?
Settimo era la città dei lavandai al servizio di Torino, poi è diventata un polo dell’industria chimica. Ha saputo essere un laboratorio, ha cambiato pelle. In 15 anni è diventata una delle città più popolate del Piemonte. La scommessa è stata trasformare i non luoghi in luoghi. Abbiamo spazi da ripensare e attraverso la cultura è possibile la trasformazione. Per noi non è un elemento accessorio, ma trainante.
Qualche esempio?
Ve ne faccio due. La fabbrica di vernici Paramatti che si è trasformata in Archimede, la più grande biblioteca della provincia. E poi, il Museo della chimica, un progetto futuro in cui credo molto.
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