Premessa
Qualche giorno fa ho letto questa intervista a Fernanda Pinheiro, una talentuosissima ricercatrice brasiliana, che racconta perché dal febbraio del 2022 verrà a lavorare in Italia, all’Human Technopole di Milano; riporto di seguito il passaggio cruciale:
“Ho scelto HT per la possibilità di creare cose nuove e per la qualità delle persone che ci lavorano. HT ha un’infrastruttura eccezionale per la ricerca interdisciplinare e risorse che offrono grandi vantaggi. Questo è molto importante per la mia carriera e per il focus della mia ricerca: vogliamo poter fare velocemente dei passi in avanti. Le persone ad HT sono di grande ispirazione e piene di energia. Ci sono linee di ricerca diverse dalla mia, ma accomunate dagli stessi principi. Non vedo l’ora di poter iniziare a collaborare con loro ed esplorare nuove direzioni di ricerca! Questa combinazione di elementi rende HT un posto particolarmente attraente in questo momento, quando è ancora agli inizi. C’è molto in gioco e tante sfide ci aspettano, ma l’opportunità di affermare e modellare l’istituto è davvero unica. E poi siamo in Italia, amiamo l’Italia!”
Che cosa è Human Technopole? Dal suo sito: è il nuovo istituto italiano di ricerca per le scienze della vita, un centro di ricerca [che] promuove l’innovazione nel settore sanitario e mira a migliorare il benessere e la salute delle persone.
A regime l’istituto impiegherà 1.500 persone, di cui oltre 1.000 scienziati in diversi ambiti: biologia, bio-informatica, chimica, ingegneria, matematica e informatica che avranno a disposizione oltre 35.000 metri quadri di laboratori per lavorare insieme su attività di ricerca di rilevanza biomedica. Human Technopole contribuisce a stimolare e incrementare gli investimenti pubblici e privati nella ricerca e a valorizzare e diffondere la cultura scientifica, rafforzando il messaggio che la scienza è patrimonio di tutti.
Dove succede tutto questo? A Milano. E Torino? Non potrebbe già avere un centro di eccellenza nell’ex scalo Vallino di via Nizza, legato ad un gruppo di ricercatori che lavora su queste materie da anni, con aziende come Novartis, giocandosela con Cambridge ed Oxford per capacità e talenti? Lo avrebbe da tempo, se qualcuno aiutasse chi se ne occupa dal 2013 a completarlo, cosa che forse avverrà nel 2023. Human Technopole è arrivato dopo Expo, in metà del tempo.
Perché la Città di Torino e le istituzioni locali si sono disinteressate di questa opportunità e non hanno investito, come ha fatto Milano nel post Expo, per attirare qui migliaia di ricercatori, aziende, soldi, innovazione, giovani, nuove famiglie, denaro? Semplicemente, perché la politica, di qualsiasi colore, non è stata all’altezza.
Torino e l’Intelligenza, anche artificiale
Don Luca Peyron e Vittorio Di Tomaso (in calce le loro eloquenti biografie) lavorano da mesi, insieme ad altri, per far diventare Torino un Polo Nazionale dell’Intelligenza Artificiale; un luogo che, collaborando con Politecnico, Università e imprese, possa coordinare la ricerca nazionale e candidarsi a ricoprire un ruolo centrale anche in ambito europeo ed internazionale.
La partita è ancora aperta, dopo essere sembrata prima vinta, poi persa ed infine un po’ sospesa; al momento, mentre una commissione di saggi sta concludendo un lavoro di definizione della strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale, pare che a Torino vengano affidati due “verticali”, automotive e aerospazio, nell’ambito di una strategia di distribuzione su più centri coordinati tra di loro.
Luca ritiene che portare a Torino un centro di competenza avrebbe davvero senso se lo si connotasse come un luogo dove definire l’etica della ricerca; “oggi si insegue l’innovazione, si cerca di normarla a cose fatte, quando non di limitarne le conseguenze impreviste; noi potremmo costruire un luogo che anticipa, dove si guarda al futuro cercando di stabilire delle regole che lo rendano migliore”. Sembrano evidenti i ritardi dei leader mondiali della ricerca in AI: la Cina non pare nel momento ideale per porsi il problema, gli Stati Uniti sono culturalmente lontani dall’idea che l’innovazione possa confrontarsi dall’inizio con delle considerazioni etiche; salvo trovarsi poi a confrontarsi con colossi tech che si comportano come nazioni indipendenti a basso tasso di democrazia (NDR, sto leggendo “Facebook, l’inchiesta finale” di Sheera Frenkel e Cecilia Kang, Einaudi 2021, vivacemente suggerito a chi voglia confrontarsi con la realtà).
Vittorio, che sulle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale ha costruito una bellissima realtà imprenditoriale, sottolinea invece la necessità di confrontarsi con le imprese, e di costruire insieme a loro un modello misurabile su parametri tangibili: il numero dei ricercatori trattenuti o, ancora meglio, attirati; l’insediamento della ricerca di imprese; la creazione di posti di lavoro; la diffusione di una cultura dell’innovazione in tutto il tessuto imprenditoriale locale. “Serve uno sforzo serio per trasformare il marketing dell’Innovazione, eccessivamente frequentato, in azioni concrete e misurabili, che trasformino Torino in un vero luogo di attrazione dei talenti; serve innescare un processo, come è stato fatto in tante città del mondo che sul talento e l’innovazione hanno costruito la propria crescita”.
Torino potrebbe essere capace di seguire Oxford sulla strada del neonato Institute for Ethics in AI, in un contesto dedicato però alla ricerca applicata ed alla creazione di impresa: per usare un neologismo coniato da Luca e Vittorio, per formare degli “antronomi” che sappiano usare l’umanità come regola, e guidare uno sviluppo positivo anche della ricerca tecnologicamente più avanzata. Una prospettiva straordinariamente contemporanea, capace di attirare giovani talenti sempre più interessati al vero progresso e, nel medio periodo, di migliorare l’attitudine di molte aziende locali, che dovranno trovare una strada per usare l’innovazione in modo sostenibile.
In premessa ho raccontato una storia che poteva andare diversamente; questa invece è una storia ancora tutta da scrivere.
Non sarà semplice, servono risorse ed una grande capacità di esecuzione; serve una politica che coordini e favorisca questi processi, anche rischiando di aprire una strada per chi seguirà; serve una comunità capace di aprirsi al mondo, anche sapendo di scontentare satrapi e cortigiani.
Serve la Torino migliore, che raramente sta sotto i riflettori.
Luca PEYRON | Presbitero diocesano e direttore della Pastorale Universitaria di Torino e regionale, coordina il Servizio per l’Apostolato Digitale. Insegna Teologia della trasformazione digitale presso IUSTO (Torino), Spiritualità delle tecnologie emergenti presso l’Università degli Studi di Torino e Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano e Torino). Collabora con diverse riviste e testate soprattutto rispetto ai temi della trasformazione digitale.
Vittorio DI TOMASO | CEO di H-FARM Innovation, la realtà nata con l’ingresso nel gruppo H-FARM di CELI – Language Technology, azienda Torinese di AI di cui è stato co-fondatore. È stato co-fondatore di Blogmeter, la più evoluta piattaforma italiana di Social Media Intelligence, e di Synapta, start-up innovativa specializzata nei Linked Open Data, spin-off del Centro Nexa del Politecnico Torino. È autore di pubblicazioni scientifiche sui temi dell’analisi automatica del linguaggio naturale, dell’intelligenza artificiale e dei social big data. Da ottobre 2021 è Presidente del Gruppo ICT dell’Unione Industriali di Torino.
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