Nella primavera del 1998, insieme ad un manipolo di ragazzi di belle speranze, mi feci carico del dossier della Candidatura Olimpica di Torino, che doveva essere presentato entro l’estate per raccontare le magnifiche sorti e progressive della nostra città.
Ero un editore, il nostro compito era quello di dare una redazione ed una forma ai dossier da presentare; subito però, leggendole, mi incuriosirono le “valutazioni di impatto” delle precedenti Olimpiadi, che non promettevano nulla di buono: tanti soldi spesi, non sempre tornati indietro, almeno non alle persone giuste.
Ogni volta che tornano le Olimpiadi ripenso a quelle giornate, e l’incredibile vittoria nel curling di Amos Mosaner e Stefania Constantini mi ha fatto ricordare il telegiornale del 2006 che raccontava l’impresa di Joel Retornaz, uno che sconfisse a Torino 2006 gli imbattibili canadesi (che poi vinsero quelle Olimpiadi): Federico Calcagno, che ancora racconta il curling, lo aveva reso un eroe popolare, un novello Davide che scagliava ferri da stiro di granito.
IL CURLING
Per ripercorrere la storia italiana di questo strano sport ho chiamato Eros Gonin, professore di educazione fisica, ora in pensione, che nel 1999 si fece carico di capire che accidenti fosse il curling, dato che per organizzare un’olimpiade era obbligatorio occuparsene.
“Ne discutemmo con la Federazione, Pinerolo aveva una tradizione negli sport del ghiaccio e ci sembrò che il curling potesse trovare casa da noi; occorreva però saperne qualcosa, e allora coinvolsi un mio vicino di casa e la fidanzata di suo figlio, ed iniziammo a mettere in fila le informazioni; il curling in Italia si giocava solo a Cortina, dove gli albergatori già negli anni ’50 avevano deciso di importare questo gioco come après sky. Si giocava in piazza all’aperto, era un modo per intrattenere i turisti. Iniziammo a Torre Pellice, coinvolgendo le scuole medie (anche mio figlio Simone, che all’epoca non ne voleva sapere; oggi è alle Olimpiadi). Ci diede una grande mano Franco Zumofen, il più grande esperto italiano all’epoca, che sapeva come preparare il ghiaccio e come approcciare il gioco”
Pinerolo all’inizio non era nel dossier olimpico vero?
“No, all’inizio tutti gli sport del ghiaccio dovevano svolgersi a Torino, ma la Federazione mondiale del Curling spingeva perché ci fosse una location dedicata, anche per ottenere più attenzione su uno sport che nel mondo coinvolgeva già milioni di appassionati. Vennero a vedere la zona dove era collocato il Palaghiaccio: diciamo che corso Tazzoli non si presentava benissimo all’epoca, mentre il giorno dopo arrivarono a Pinerolo trovando il sole ed una colazione meravigliosa. Non fu difficile convincerli, e Pinerolo divenne la sede del curling”.
E quindi vi toccò studiare.
“Andammo tutti a scuola, per costruire le piste, preparare il ghiaccio, formare allenatori, atleti, giudici; era davvero l’inizio, ma potevamo portare una squadra come paese ospitante e dovevamo essere all’altezza; coinvolgemmo tutti, venne costruita una struttura ad hoc per le Olimpiadi ed arrivammo pronti all’appuntamento”.
Che cosa si deve sapere sul curling? È uno sport costoso, serve tanta preparazione?
“Si gioca tirando le pietre da curling (stones) su un ghiaccio preparato ad hoc, con delle caratteristiche particolari che permettono l’azione fatta con gli scopetti; un principiante ha bisogno di scarpe da ginnastica, degli slider per scivolare attaccati con l’elastico, un caschetto per sicurezza e due lezioni introduttive; se poi inizia a giocare professionalmente può comprarsi le scarpe specifiche e lo scopetto; le stone vengono sempre fornite dalla struttura, anche perché pesano 20kg e sono fatte esclusivamente con il granito della zona di Glasgow. Ogni tanto qualcuno, anche in Italia, ha provato ad imitarle, ma con pessimi risultati.
Il curling è faticoso, richiede una buona preparazione atletica, perché si gioca su una superficie ghiacciata, con grande dispendio energetico; Amos è uno dei più forti al mondo anche perché ha una forza rara, riesce con l’azione dello scopetto a modificare anche di 4/5 metri la lunghezza di un tiro, ma in quei momenti raggiunge anche le 240 pulsazioni al minuto…”
Nel 2017 in una intervista lei diceva che si era sprecata l’occasione di Torino 2006, ed infatti siamo arrivati a Pechino con poco più di 300 tesserati; che cosa è successo?”
“L’onda di Torino 2006 fu travolgente, in poco tempo arrivarono oltre 800 atleti interessati al curling; Pinerolo ha un bacino di utenza di 4000 studenti, e nei 10 anni dopo le Olimpiadi almeno 30.000 ragazzi del Piemonte sono venuti nella struttura a giocare. Era però necessario iniziare a costruire strutture nelle città, noi eravamo sempre saturi e dover fare anche due ore di strada da Torino per un allenamento dopo un po’ scoraggiava anche i più motivati. Semplicemente, senza strutture lo sport non cresce”
Dopo riparliamo delle strutture, ma ora che succede con il curling? Festeggiamo Amos e Stefania, poi ce ne dimentichiamo e ci risvegliamo per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026? A difendere una medaglia d’oro con 300 tesserati, contro il Canada che ne ha 1.500.000?
“Sicuramente Amos e Stefania saranno a Cortina nel 2026, sono giovani e fortissimi; il movimento può ripartire da questo entusiasmo, ma servono strutture ed imprenditori illuminati che sappiano cogliere l’opportunità; purtroppo gli interventi pubblici in Italia non hanno letteralmente il senso del tempo, a Brunico tra qualche settimana si inaugura un struttura annunciata nel 2010, ogni volta passano più di dieci anni”.
LE OLIMPIADI
L’Università di Oxford ha stabilito che Torino 2006 ha speso 3,6 miliardi di euro per farle, aggiungendo tutti gli interventi infrastrutturali fatti in quel periodo pare che si arrivi ad una cifra intorno ai 16,6 miliardi spesi per il 2006, ed altri 5,2 negli anni successivi (fonte, Unione Industriale Torino). Insomma, quasi 22 miliardi, sul cui impatto si è detto un po’ tutto ed il suo contrario: perché il Piemonte ha poi comunque attraversato una crisi internazionale, perché i turisti stranieri non sono arrivati come ci si aspettava, perché la gestione del post-olimpico non è stata impeccabile. Molti impianti giacciono abbandonati, il Villaggio Olimpico è stato oggetto di una faticosissima vicenda che forse volge alla fine, i debiti olimpici gravano ancora sui conti pubblici; vero è che Torino nel 2006 ha capito che esisteva una possibilità oltre Mirafiori, ma la sensazione è che ancora si stia aspettando Godot.
Lei era coinvolto nelle scelte del 2006, che cosa ne pensa dopo tanti anni?
“Le Olimpiadi sono state un’opportunità straordinaria, e ci hanno permesso di sistemare tantissimi problemi: Pinerolo è stata finalmente collegata con una autostrada (prima si usciva a None), abbiamo avuto un pronto Soccorso, la viabilità con Avigliana, Sestriere e Saluzzo è stata migliorata, credo anche le fognature ed il sistema di depurazione dell’acqua. Il Palaghiaccio, che è costato 17 milioni, è ancora in funzione e si potrebbe gestire al meglio come abbiamo fatto per quasi 15 anni (ndr, è in corso una vivace discussione con l’amministrazione locale e con gli attuali gestori della struttura). Anche fare un altro Palaghiaccio a Torre Pellice non è stato così sbagliato, la struttura viene usata ed è importante per quella comunità; certo, più collaborazione aiuterebbe, qui a volte la difesa del proprio orticello è davvero controproducente, ma tante cose buone sono successe.
Parliamo degli errori, anche con il senno di poi.
“Sicuramente si sono immaginati scenari improbabili; il trampolino forse ha ancora oggi 60 tesserati, per lo più collegati ai gruppi sportivi militari che si allenano a Moena. Immaginare che gli impianti di Pragelato potessero avere una vita sostenibile era raccontarsi delle favole; probabilmente si doveva ragionare da subito su come smantellare tutto dopo, forse oggi si farebbe altrove. Idem per il bob”
Il bob ha una storia abbastanza incredibile: si è fatta una pista sapendo di sbagliare tutto.
“Si, tutto nasce da un problema di valutazione iniziale, l’impianto doveva essere fatto nella pineta di Ulzio, ma venne bloccato per motivi ambientali, credo legati alla presenza di amianto; allora si dirottò tutto un po’ velocemente su Cesana, ma con una esposizione all’irradiazione solare che la rendeva da subito quasi insostenibile. Qualcuno già all’epoca suggerì di andare ad usare gli impianti di Albertville, costava molto meno spostare gli atleti in elicottero che costruire un impianto destinato a sicuro fallimento: ma eravamo troppo nazionalisti, forse oggi si potrebbe ragionare in modo più sensato”
Anche Torino ha un Palaghiaccio, il PalaTazzoli; peraltro pare che il curling riapra.
“L’assessore Carretta mi ha confermato qualche giorno fa che finalmente la struttura dovrebbe riaprire, è stata ferma per anni per un mancato investimento di forse 20mila euro; ora dovrebbero esserci dei campi utilizzabili, con un ghiaccio decente. Anche se il progetto, sbagliato, prevede una vetrata laterale che provocherà difficoltà nel mantenimento del ghiaccio, speriamo che possano coprire con un po’ di cartongesso.”
Se non ho capito male però, tutta la nazionale italiana continuerà ad allenarsi a Cembra in Trentino, anche se 3 atleti su 4, compresi Amos e suo figlio Simone, giocano per il Pinerolo.
“Purtroppo è così, i campi di Pinerolo non sono più al livello necessario per preparare una Olimpiade, e Torino è ancora un’incognita; prepararsi sul ghiaccio sbagliato è come giocare a tennis sul cemento per preparare Wimbledon che è sull’erba; Amos e Stefania hanno vinto anche perché a Cembra e Cortina preparano il ghiaccio che serve, la loro preparazione è stata tecnicamente perfetta. Speriamo di poter migliorare la situazione nei prossimi mesi, come abbiamo detto avere dei campi ben fatti aiuterebbe in generale ad avvicinare a questo sport, che si gioca in famiglia, divertendosi da subito e con bassissime barriere all’ingresso”.
So che lei ritiene l’Oval un’occasione persa.
“L’Oval era un impianto spettacolare per gli sport sul ghiaccio, unico in Europa; potevamo costruire un centro federale specializzato, sarebbero venute le nazionali di tutto il mondo ad allenarsi da noi, dentro avevamo la pista di velocità migliore d’Europa, l’hockey, il curling; e poi potevamo avere uno spazio meraviglioso per le famiglie, per pattinare ma anche divertirsi con i go-kart sul ghiaccio. Lo ha capito Innsbruck, che ha fatto esattamente questo. Credo davvero che Torino abbia perso una bella occasione”
Con Eros ci salutiamo qui, la nazionale maschile ha appena conquistato il 7°posto a Pechino, dopo l’impresa di Amos e Stefania forse c’è un po’ di delusione?
“Forse, ma lo sport è così, e contano tante cose; Amos e Stefania hanno giocato con la testa libera, in forma perfetta, vincendo tutte le partite. Forse hanno alzato un po’ l’asticella, e lo stesso Amos dopo ha faticato a mantenere quel livello, anche fisicamente perché, come detto, il curling è davvero faticoso ai loro livelli. Ma tutta la squadra può arrivare a Milano-Cortina al meglio, anche Joel, vent’anni dopo Torino 2006, potrà esserci e chiudere al meglio anni bellissimi”.
PNRR, UNA NUOVA OLIMPIADE
La Regione Piemonte ha proposto interventi per circa 35 miliardi di euro nell’ambito del PIANO NAZIONALE di RIPRESA e RESILIENZA, il PNRR, infelice modo con cui sono stati chiamati i fondi che dovrebbero aiutare il paese a riprendersi dalla pandemia. Ad occhio non arriveranno tutti i soldi richiesti, però possiamo immaginare che ci saranno almeno 20 miliardi, così come nel 2006 per le Olimpiadi.
Intorno al PNRR vedo grande agitazione e tanta confusione: l’interpretazione della possibilità ha diverse angolazioni, alcune non encomiabili. Tutti sappiamo che le grandi aziende di consulenza si stanno attrezzando per guadagnare il più possibile, tutti i professionisti dei bandi europei passano 12 ore al giorno in call: buona parte dell’attenzione sembra destinata a spendere tutti i soldi, forse non così tanta a spenderli davvero bene.
Le Olimpiadi ci hanno insegnato che si possono fare cose buone ed anche sesquipedali stronzate, più o meno dolosamente; il budget olimpico di Torino 2006, secondo Oxford, è stato corretto dell’82% al rialzo, non esattamente un modello (anche se va detto che molti altri hanno fatto peggio).
Il PNRR invece non può essere corretto al rialzo, anzi; quindi rischiamo forse di fare delle cose che poi rimarranno incomplete o non utilizzabili o, semplicemente, senza prospettive. Come i trampolini olimpici di Pragelato.
Le prime avvisaglie, mi dicono, si intravedono nei bandi destinati a riqualificare i borghi: perché se riqualifichi e poi non hai capacità di gestione, management, una strategia di marketing del territorio, strumenti (anche digitali), hai fatto di nuovo un bellissimo impianto destinato all’abbandono.
Io non sono mai stato un entusiasta della TAV valsusina: non ho mai capito perché spendere così tanto per una infrastruttura che rischia di essere vecchia per il mondo che la accoglierà; la politica del “tutto subito”, del “tornaconto elettorale di breve termine”, ama raccontare dei posti di lavoro, della “scossa”, dei cantieri che rimettono in moto il paese. Poi i cantieri finiscono, i lavoratori tornano a casa e ci troviamo con scelte obsolete e una carenza strutturale di persone in grado di portarci nella contemporaneità; ci mancano migliaia di informatici e tecnici specializzati, ma per formarli serve cambiare profondamente la scuola, investire nel medio e lungo periodo su nuove competenze e nuovi insegnanti; forse servono 20 anni di lavoro ben fatto, e questa cosa raramente interessa un assessore che punta a far carriera a Roma o a ingraziarsi qualche potentato locale.
So da amici milanesi che c’è più di una preoccupazione per le Olimpiadi 2026, perché chi ha studiato sa che i rischi superano le opportunità: l’Italia si sta indebitando, ma ora in banca (Europea) va un banchiere con tanto credito, e tutto sembra sotto controllo; ma basterà forse un secondo “bonus edilizio” gestito disastrosamente per riaccendere la diffidenza di cui siamo storicamente destinatari. Milano sa bene che non basta un Expo o una fiaccola olimpica per modificare l’inerzia di un sistema, ma un lavoro pluriennale coerente e senza distrazioni (leggasi sempre alla voce “impianti che rimarranno abbandonati”).
Nel curling si è forti se si sa far scivolare sul ghiaccio una pietra di 20kg facendole raggiungere il centro di un bersaglio posizionato a circa 40 metri; bisogna anche rincorrere quella pietra sul ghiaccio senza cadere, in un gioco di potenza, equilibrio e strategia.
Forse per il PNRR, ed in generale per il bene pubblico, servono persone intelligenti che sanno scivolare sul ghiaccio senza cadere, centrare gli obiettivi e poi tornare silenziosamente alla loro vita.
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