Un giorno un amico mi manda questo link, e commenta “ti piacerà”. In effetti mi è piaciuto parecchio, perché Alda, Kenza, Matteo e Reda sono incredibilmente bravi: e BerraiBarriera, il loro podcast fatto per “smentire tante voci su Barriera di Milano”, è un piccolo gioiello. Quindi ho preso lo scooter, sono andato da loro, ho visto che è tutto vero ed ho chiesto loro di raccontarsi. Come fanno molto bene qui di seguito.

 

“Qua è sempre così” – sento dire da una signora alle mie spalle. L’autobus n.51 sta per sorpassare Piazza Crispi, siamo in Corso Vercelli, Barriera di Milano, Torino.
“Qua è sempre così, signora” – lo ripete con voce grave mentre guarda con un misto di compassione e disprezzo quella che sembra essere l’incipit di un’accesa discussione tra passeggeri dell’autobus. In modo impacciato riesco a farmi spazio tra la folla e scendere alla mia fermata: Crispi Nord. Mi dirigo verso il Circolo Antonio Banfo, una struttura con ampie vetrate che fa angolo, tra via Fossata e via Cervino, e sta alla base di un grande palazzo che mi ricorda la prua di una nave. Trovo i ragazzi seduti in modo sparso: Reda su un tavolo; Kenza su una delle tante sedie e Matteo sulla poltroncina nera.
“Alda, hai letto l’ultima? Hanno di nuovo scritto di Barriera di Milano, stavolta l’hanno soprannominata banlieue. Scommetto che una banlieue l’hanno vista solo in foto” – mi dice Reda mentre posa di scatto il quotidiano che stava leggendo. Riesco a scorgere il titolo “Banlieue: davanti al pm i 37 saccheggiatori delle boutique del centro”.
Non è passato molto tempo da quando un noto programma della tv generalista, non il primo purtroppo, è tornato da queste parti per documentare e mandare in prima serata un esclusivissimo servizio sul “triangolo del crack”. Di questo passo avremo gli aggiornamenti quotidiani sullo spaccio come quelli della borsa: “Oggi è un vero e proprio martedì nero, la cocaina è crollata del 34%. Gli investitori nel panico!”
“Di questa cosa ne dobbiamo parlare al podcast! Dobbiamo dire che qui c’è anche altro” – sento dire a Kenza dall’altra parte della stanza.

Se c’è un modo per raccontare l’inizio concreto del nostro progetto è proprio questo: un gruppo di ragazzi che si confronta sui temi di attualità, ma ancora di più su quelli che interessano il loro quartiere, Barriera di Milano. Quattro ragazzi, tra i 20 e i 28 anni, che vengono da una lunga serie di esperienze in quartiere: dal volontariato al Banfo e all’Anatra Zoppa; all’attività di animazione all’oratorio Michele Rua fino all’esperienza di servizio civile presso la Casa del Quartiere. Le nostre vite si sono spesso divise tra studio, lavoro e progetti nel sociale e, nonostante gli impegni, siamo riusciti a sviluppare e mantenere vivo un forte senso di responsabilità verso il luogo in cui viviamo. Spesso ci siamo trovati a storcere il naso davanti a titoli in caratteri cubitali che definivano il nostro quartiere come una banlieue francese oppure come un ghetto e a noi sembrava (e sembra) così strano che si parlasse solo in questi termini di un quartiere ricco di luoghi che ci hanno dato la possibilità di conoscere laboratori di democrazia e cittadinanza attiva come il Circolo Banfo, in cui ci trovavamo in quel momento. Possiamo e vogliamo considerare questo episodio come l’evento che ci ha fatto capire di essere sulla strada giusta quando abbiamo deciso di dare vita a “BerraiBarriera”, il podcast di quartiere con cui invitiamo gli ascoltatori, con toni leggermente imperativi, a partecipare idealmente al nostro aperitivo e a gustare insieme a noi il mix di sfumature, culture e fenomeni sociali che vive nel nostro quartiere.
Il progetto, nato con il sostegno di Compagnia San Paolo, nell’ambito del bando GxG – i giovani per i giovani -, ha alla sua base quattro giovani di Barriera: Alda, Kenza, Matteo e Reda, che possono contare sul prezioso sostegno di ben tre partner di progetto che sono il Circolo Antonio Banfo, “quartiere generale” del gruppo, dove hanno avuto modo di conoscere da vicino il mondo dell’associazionismo e del sociale; l’associazione Babelica e Radio Banda Larga. Dopo un lungo e partecipato processo di confronto e coprogettazione nasce il podcast “BerraiBarriera”, che ha come principale obiettivo quello di diventare un megafono nelle mani dei giovani, ma non solo, che vivono quotidianamente il quartiere, ne conoscono gli angoli e sono stanchi di vederlo dipinto come un luogo senza speranza, una banlieue, un ghetto o, addirittura, una non-Torino. È sempre una questione di categorizzazioni semplicistiche ed etichette quella che ci ritroviamo a trattare: la Barriera dello spaccio e della criminalità; la Barriera delle babygang; la Barriera del degrado. La nostra prima puntata parla di arte, quella in Barriera; la Barriera dell’arte, categorizzazione meno nota, meno scandalosa sicuramente. “Quella che sa di muri e di spray” accompagna l’ascoltatore, tra lo-fi beat e risate, alla scoperta della street art, con l’aiuto dell’artista Millo, che vede la sua firma in numerosi murales sparsi per il quartiere. Millo ci dice che Barriera è stata il suo trampolino di lancio: “Da lì in poi non mi sono più fermato”. La riflessione si sposta sul valore che ha l’arte sui muri, di come sia fisiologico che spesso le opere siano vandalizzate, perché alla fine, dice Millo, l’opera appartiene al quartiere ed è alle sue regole che si adatta.

Il quartiere lo vogliamo raccontare in una prospettiva nuova, vogliamo parlare del suo fermento nella produzione culturale, il grande ruolo della fitta rete di associazioni e cooperative del territorio, con cui abbiamo avuto spesso a che fare; ma non vogliamo negare l’esistenza delle problematiche sociali: “Questa non è una banlieue, ma non è neanche El Dorado” – dice spesso Matteo quando parla di come il quartiere viene rappresentato e percepito. La retorica semplicistica e, per certi versi, provinciale che vede questo posto come “periferia” è stata oggetto di dibattito tra noi e il professore Carlo Salone, ospite della sesta puntata “Quella sull’autopoiesi territoriale”. Tra una battuta e l’altra, come solito nelle puntate del podcast, il tema centrale parte da una domanda: che cos’è la rigenerazione urbana e quali tracce ha lasciato nel nostro quartiere?
Fin da subito è emersa una posizione di critica e contrasto a quella prospettiva centralista che spesso è alla base della maggior parte dei progetti di rigenerazione urbana, concetto bello quanto inflazionato; noi ci opponiamo alla “medicalizzazione”: Barriera di Milano non può essere considerato un quartiere malato per sempre. Inoltre, la prospettiva dal centro al margine deforma le necessità degli abitanti, stereotipizza il processo di framing dei problemi nelle politiche pubbliche e le “cure” risultano spesso inadatte, perché è il territorio che si adatta alla rigenerazione urbana e non questa al territorio. Deindustrializzazione, politiche pubbliche e conflitto sociale sono i grandi temi di questa puntata e come sempre è finita con più domande che risposte, perché alla fine ogni questione rimane aperta, perché siamo consapevoli che è nella complessità delle risposte ambigue che risiede il seme del confronto costruttivo e democratico. Sentiamo urlare spesso “Sicurezza!” dai politicanti e la pancia del quartiere li segue, ma in modo romantico e testardo noi di BerraiBarriera ci chiediamo che cosa dicano i polmoni, il cuore e le arterie di questo posto? E se non li avete mai sentiti respirare, battere o scorrere come potete pretendere di migliorarne i parametri vitali? Proprio come i maestri della “rigenerazione urbana dall’alto”, che passano per le vie di Barriera come se stessero facendo un safari nella giungla, contenti di poter redimere e civilizzare i luoghi e le persone del posto, in un’opera di magnanima carità. Allora noi diciamo “no grazie, ci teniamo il disagio”.

Quando all’ennesimo articolo di giornale sui briganti della Torino Nord che hanno sfasciato le vetrine dei negozi del centro, si aggiunsero le teorie sociopsicologiche sulla trap e sulla grande influenza che aveva su questi atti devianti, arrivò l’occasione per affrontare un altro grande tema: la musica come forma di espressione del malessere, soprattutto sociale. “Quello sul figlio di un prete che ascoltava Lil Wayne”, titolo che può essere compreso solo ascoltando la puntata, parla di musica rap e trap. I nostri ospiti, due giovani rapper di Barriera, ci hanno spiegato da dove deriva la rabbia e, come la definiscono loro, “la fame” per fare musica “di quel tipo”. Tra virgolette perché questa puntata è in aperto conflitto con “gli adulti”, che si soffermano sempre ad alcune canzoni del panorama di questi generi musicali, di solito quelle più scandalose e spinte, senza interrogarsi sulla storia che c’è dietro; una storia fatta spesso di disuguaglianza sociali, povertà e marginalizzazione. Coloro che ostentano macchine e ricchezza sono “quelli che ce l’hanno fatta”, che sono usciti dal tunnel di quei tre fattori. Allora parliamo delle disuguaglianze tra “centro” e “periferia”, di opportunità e privilegi, di poveri e ricchi.

Mentre noi quattro ci ritrovavamo durante le lunghe ore di redazione per organizzare le nostre puntate, nel mondo dilagava una pandemia globale e proprio quest’ultima ci ha fatto ragionare ulteriormente su quelle dicotomie citate poco sopra. Nella puntata “Quella in cui suona l’ultima campanella”, ci ritroviamo a parlare con la maestra Nadia, che insegna alla scuola elementare Pestalozzi, a due passi dal Circolo Banfo.
“Maestra, come hanno reagito le scuole di Barriera? Quale sostegno c’è stato da parte delle istituzioni nella gestione dell’emergenza? Quali sono state le difficoltà maggiori?” La maestra ci accompagna in un mondo che noi abbiamo vissuto solo da alunni e ci parla di nuovo di “centro e periferia”, di opportunità e privilegi, di poveri e di ricchi. Ci siam cascati di nuovo, per citare quel rapper scandaloso di Achille Lauro.
E li capiamo che forse non è una questione di predisposizione, che a volte è più una questione di opportunità negate e privilegi, che mancanza di talento; che se le scuole di Barriera hanno alunni “meno performanti”, non è perché non c’è voglia di studiare ma perché ci sono una serie di caratteristiche di contesto che rendono più difficoltoso l’apprendimento, una delle principali è sicuramente la barriera linguistica. Ed ecco che si accende una lampadina: a volte mettercela tutta non basta; a volte capita di essere vittime della profezia che si autoavvera. Forse i “briganti sfascia-vetrine” ne sanno qualcosa.

La prima stagione di BerraiBarriera è giunta al suo termine, con ben 10 puntate, ma non vediamo l’ora di ritornare a settembre con altri temi da sviscerare nell’ambito di un progetto che noi speriamo e crediamo andrà oltre il periodo di progettualità con Compagnia San Paolo. Caso mai vi capitasse di inciampare nel nostro podcast, vi chiediamo di fare attenzione, ogni tanto, ai rumori di fondo, che di primo impatto potrebbero sembrare molesti: una serranda che si abbassa, probabilmente quella del macellaio; vociare di persone che chiacchera di fronte alla pizzeria il Cavaliere, oppure i saluti di congedo da un marciapiede all’altro dei fedeli che escono dalla moschea che c’è in Via Sesia. Questi sono i rumori e le voci di fondo che questo gruppo di ragazzi vuole continuare a riportare ai microfoni e dimostrarvi che, nonostante possa sembrare un cliché smielato, in Barriera c’è quotidianità, c’è casa e continuo movimento. Perché si, alla fine una cosa è certa: “Qua è sempre così”.

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