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Una rosa fra le maison di periferia
Incontro con Epoque, tra Torino e il mondo.
Paolo G. comment 0 Comments access_time 4 min read

Qualche giorno fa, in compagnia di Federico ed Elisabetta del Master in Giornalismo dell’Università di Torino, ho incontrato Janine Tshela Nzua, in arte Epoque.

In questo momento il suo ultimo singolo, Boss, è suonatissimo dalle radio italiane e francesi e la sua popolarità decolla; noi l’abbiamo incontrata appena uscita dallo studio di registrazione, dove sta producendo un altro singolo per l’estate.

Ad Epoque sono arrivato attraverso un uomo dalle mille risorse, Claudio Giunta, che mi ha scritto “se cerchi torinesi interessanti, chiama lei”; allora ho chiesto a Linus, che qualcosa ne sa, e lui mi ha confermato che già passava in rotazione alta su Deejay. Rotazione alta significa “poter giocare in serie A”.

Quando le parliamo Janine è appena stata ospite di “Deejay Chiama Italia”, e si sente che tutti intorno a lei hanno grandissima fiducia; dato che sono come San Tommaso, ho anche parlato con i suoi discografici che, al netto di ripetuti gesti apotropaici, confermano.

Perché questo entusiasmo?

Boss è indubbiamente molto forte; l’inizio ruffiano perfetto per le radio, l’uso di tre lingue, un afrobeat perfetto. Ma i miei amici di Virgin sanno che non basta.

La verità è che Janine è la torinese del futuro, l’italiana del futuro, semplicemente “il futuro”.

Ha ventotto anni, genitori del Congo arrivati in Italia alla fine degli anni ’80 per motivi di lavoro, parla italiano francese e lingala (una lingua congolese); nelle sue canzoni racconta le periferie, come le ha conosciute a Torino, Parigi e Bruxelles. Con grande semplicità, senza “strafare”, e dichiarando esplicitamente che non sono storie autobiografiche ma racconti delle persone intorno a lei.

A Torino ha vissuto prima in centro ed ora in Barriera di Milano; non ha mai avuto problemi particolari per il colore della sua pelle: è davvero bellissimo sentire come ogni suo racconto sia sempre girato in positivo, usa parole sempre proiettate verso un futuro ricco di cose interessanti.

La sua “periferia” è fatta di colori, di tante comunità, di infinite occasioni di contaminazione artistica; e per questo ci dice che si incazza quando vede che tanti ragazzi con enorme potenziale e talento non sembrano essere aiutati e accompagnati in nessun modo. Non le sembra normale che così sulla scena musicale ci siano ancora pochi ragazzi di seconda generazione, peraltro italiani a tutti gli effetti come lei.

Janine non ha problemi con le contaminazioni musicali, come tutti i suoi coetanei è abituata a condividere e scambiare, tutti prendono da tutti; anzi ci dice che quella è la chiave per integrare, per far convivere comunità diverse, culture diverse. E non parla di Torino, parla del mondo, della Francia e del Belgio dove ha vissuto; anche il suo approccio artistico è “contaminato” dall’ascolto di cose diversissime dalla sua musica, o dal cinema (la sua vera passione, quando sarà famosa ci proverà, accetto scommesse).

Le chiediamo che cosa pensa della discussione sulla parità di genere, e lei ci risponde che non vuole aiuti, ma avere le stesse opportunità di tutti, partire alla pari; nella musica esistono esempi positivi di donne fortissime (da Madonna in poi), lei non ha dubbi sul fatto che le cose stanno cambiando e continueranno a cambiare. Non è una posa, lei ne è convinta davvero.

Epoque è una giovane donna italiana che sa fare bene il suo lavoro; ha talento, voglia e nessuna paura di mettersi alla prova. Parli con lei e la retorica della periferia si frantuma, capisci immediatamente come dove spesso si vedono solo rischi si nascondono (e neppure troppo) enormi opportunità.

Torino potrebbe essere come lei: straordinariamente contemporanea.

 

Post scriptum divertente

Dato che sono curioso, ho indagato sul suo nome d’arte, Epoque; Janine lo attribuisce ad un personaggio di Matrix, film che conosco a memoria essendo anziano.

In effetti uno dei piloti della nave ribelle si chiama Apoc, che si pronuncia uguale ma significa “Apocalypse”, coerentemente con i vari riferimenti biblici e mitologici sparsi nel film.

Se, come credo, la cosa è nata così, mi sembra una polisemia perfetta: perché lei vedrà un’epoca che, come un’apocalisse, farà tabula rasa della retorica e dei pregiudizi con cui tuttora conviviamo.

(Janine inietta ottimismo, come Pfizer).

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